martedì 8 luglio 2025

Ricordo di Nicola Marotta

Un ricordo di Nicola Marotta.


Opera di Nicola Marotta - (web)

Il 6 luglio 2025 è morto Nicola Marotta. Chissà perché, la notizia non mi ha colto di sorpresa. Meno di un anno fa era venuta a mancare sua moglie e mi è dispiaciuto molto per lui perché so che cosa significa perdere il coniuge. 

Il recente evento mi ha riportato alla memoria Salvatore Di Giacomo, "Pianefforte 'e notte".

Nicola era arrivato ad Alghero nel 1962 partendo da Brusciano, della città metropolitana di Napoli. Essendo nato nel 1936 aveva allora 26 anni. Insegnava all'Istituto d'Arte e dipingeva. Per i pasti si recava in via Minerva nella trattoria Marechiaro di Caterina Masu e lì aveva trovato un ambiente familiare perché Caterina aveva una provenienza napoletana ed era molto schietta, aperta e sempre di buon umore. 

Un pomeriggio del 1965 o '66 io e l'allora mio fidanzato Franco Ceravola, nipote di Caterina Masu, ci siamo trovati con lui nella trattoria Marechiaro. Franco dipingeva e posso immaginare che i due artisti abbiano organizzato l'incontro per confrontarsi su temi pittorici. Rivedo la scena: noi tre seduti sulle sedie disposte in circolo, immersi in una calma penombra, quella che avvolge le vecchie stanze aperte sulle stradine del centro storico dove il sole raggiunge raramente i piani bassi delle case anche durante l'estate e, quando entra, si limita a creare un fascio di luce nel quale il pulviscolo sospeso nell'aria danza irrequieto. Si parlava del più e del meno e infine, forse ricordando le origini di Nicola, Franco ha detto che mi piaceva molto Salvatore Di Giacomo e che conoscevo la sua poesia "Pianefforte 'e notte". Penso di essermi sentita un po' in imbarazzo e non credo di aver subito acconsentito alla richiesta di recitarla. Ma poi, per non farla lunga, ho deciso di aderire a quel desiderio. Come al solito le parole sono scaturite fluide e coinvolgenti, i toni erano quelli giusti, la pronuncia corretta, le pause adatte al pathos che i versi  suggerivano mentre il mio sguardo si perdeva nelle indistinte ombre del pavimento e delle pareti dove visualizzavo le quiete immagini evocate dal poeta. Alla fine Nicola si è detto stupito per la mia pronuncia e per l'interpretazione.

Franco Ceravola Rosella: Radice di ginepro a Maria Pia. Carboncino su carta. 

Sono passati gli anni, prima io e poi lui ci siamo sposati e abbiamo messo su famiglia. Non abbiamo più avuto occasione di incontri finché un giorno ci siamo trovati entrambi nello studio medico di un pediatra, dove eravamo andati per occuparci dei nostri figli. E' stato un incontro fugace, e mi ha chiesto una sola cosa: voleva sapere se leggevo ancora poesie. Io gli ho risposto con un'aria meravigliata che no, non leggevo più poesie. Lui si è trovato un po' male, anche per il mio tono un po' piccato, e probabilmente non mi ha creduto. Per la verità mi aveva infastidito quell'intrusione nel mio quotidiano e avevo risposto con una bugia anche perché non volevo che mi si vedesse come un'inguaribile romantica ma si capisse che ormai ero madre di famiglia con ben altri impegni e che non avevo tempo per indulgere ancora in trastulli fanciulleschi.

La realtà era ben diversa e infatti anche tra mille incombenze riuscivo sempre a trovare un momento per visitare i miei amati Garcia Lorca, Quasimodo, Montale, Lee Master, Ungaretti, Saba, Prévert ed altri che accompagnavo con "Notturni", "Chiari di luna", "Sogni d'amore" o con suoni della mia chitarra. Allora conoscevo a memoria tutto il LLanto di Garcia Lorca e non avevo certo dimenticato "Pianefforte 'e notte".

La poesia di Di Giacomo è l'unica che ricordo ancora a memoria e che ogni tanto ripeto dentro di me dato che ormai non posso più recitare a voce alta poesie senza commuovermi fino alle lacrime. La associo sempre a Nicola, anche se nel corso della mia vita l'ho incontrato solo sporadicamente per strada e non ho più scambiato una parola con lui, neppure per confessargli la mia bugia. E ora, nel momento in cui ho saputo della sua morte, quei versi si sono ripresentati nitidi e dolci, ad evocare la delicata atmosfera del suono di un pianoforte che si perde nel vicolo al chiaro di luna suscitando malinconici pensieri.

Nu pianefforte 'e notte
sona luntanamente
e 'a museca se sente
pe ll'aria suspirà.

E' ll'una: dorme 'o vico
ncopp'a sta nonna nonna
'e nu mutivo antico
'e tanto tiempo fa.

Dio, quanta stelle 'n cielo!
che luna! e c'aria doce!
Quanto na bella voce
vurria sentì cantà!

Ma sulitario e lento
more 'o mutivo antico;
se fa cchiù cupo 'o vico
dint'a l'oscurità.

Ll'anema mia surtanto
rummane a sta fenesta.
Aspetta ancora. E resta,
'ncantannese, a penzà.

E infine, con Garcia Lorca ti dico: Dormi, vola, riposa. Muore anche il mare