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IL BOMBARDAMENTO DI ALGHERO
Fotografie di Arturo Usai tratte dalla pubblicazione "Cinquant'anni fa il bombardamento di Alghero" a cura di Mariantonietta Izza.
L'autore delle foto è il dottor Arturo Usai che, alla sua professione, ha sempre affiancato l'attività di fotografo e regista.
Il dottor Arturo Usai è venuto a mancare il 25 novembre 2012 all'età di 95 anni. Lo ricordiamo per le sue fotografie e i suoi filmati su Alghero che documentano, come le immagini qui presentate, importanti momenti della città.
Le foto sono state scattate la mattina successiva all'evento, il 18 maggio 1943.
Sullo sfondo si vede il campanile di Santa Maria. Il palazzo crollato era abitato dalla famiglia del falegname Antonio Michele Balzani che è riuscito a scavare una via d'uscita per i suoi familiari e per gli altri che si erano rifugiate nella sua falegnameria, in tutto venticinque persone. Lo spazio lasciato vuoto dal palazzo è oggi denominato piazza Antonio Michele Balzani.
Qui si vede la zona adiacente al Duomo di Santa Maria. Le bombe hanno danneggiato anche l'interno della cattedrale.
Un'altra drammatica immagine che mostra le case sventrate dalle bombe.
Le immagini sono collegate al post n° 29 del blog:
http://blog.libero.it/nonbasta
Franco Ceravola ha scritto una poesia sull'argomento.
17 maggio 1943
Erano tutti lì a "Su Paradisu"
sgomenti, terrorizzati!
Il lugubre rombo dei bombardieri,
i boati, il fumo denso degli incendi
portavano sulle alture di Villanova
il tanfo della guerra.
"Alghero brucia! Ecco le fiamme!"
Alghero muore
fra tuoni e schegge arrugginite,
Alghero muore, dissanguata di sole,
dolorosa scogliera,
Alghero muore in quest'anno carico di terrore.
E noi piccoli e incoscienti,
fra il riso e il pianto,
a lume di candela continuavamo i giochi
nel retrobottega del ciabattino,
fra le botti piene,
con l'odore del mosto e delle pelli.
Ricordi mamma?
Hai visto cadere le bombe sulle tue torri!
Più tardi
siamo scesi negli stretti vicoli
chiusi da cumuli di macerie annerite
coperte dal silenzio.
E abbiamo cercato i ricordi
fra le canne putride dei solai crollati,
là, fra corpi tumefatti e mani impietrite
che aggrappavano disperate la vita.
Poi vennero le notti ingiallite
e nere menzogne calarono dai balconi di Piazza Civica:
"Non ci sarà più guerra" Hanno detto!
Ma l'odioso lavoro, negli opifici della morte continua.
Ecco i fucili! Ecco le bombe!
Ecco il lucido piombo che corrode le carni
e precipita nel nulla gli affetti e le speranze.
Come potete accettare, uomini, di coltivare il seme dell'orrore?
Lasciate che questi neri strumenti
arrugginiscano ingrippati, in disparte,
via, lontano dalla vita!
Ancora ieri, nel nostro soggiorno,
scorrevano le immagini di Beirut martoriata
e gli Afgani e gli Iraniani uccisi
ed i Cileni torturati
e il valzer della guerra, sguaiato, sgraziato, orrendo,
suonava nei timpani campane a morto.
Ora non più!
Ora io voglio portare i bambini nei prati
per correre e gridare e riempirsi di verde e di sole.
E voglio vedere sinuose e lucide forme di fanciulle
stese sulla bianca sabbia del lido
abbandonate al sole, velate di bruno,
sulle rive di un mare trasparente e tiepido.
Voglio costruire fortini d'amore
ed innalzare muraglie di pace.
Voglio andare fra le stelle,
con veloci astronavi, incontro alla luce.
Il testo in seguito è stato adattato per una canzone in algherese musicata da Angelo Ceravola.
UNA
CANZO' PE' LA PAU
L'Alghè
s'anzen
mira las framaras
L'Alghè mori
Asvanara de
sol
Aspragia dururosa
L'Alghè mori
Ama 'l cor unfrat
de por
Son
passaz coma colbus
Lus aereoplans tigniz de negra
gitant
bombas arreu
damunt de 'cheglias casas probas
I
musaltrus criaturas
giugavan a glium de candera
ne la
butiga del sabatè
tra le botti del vino
Ta racoldas o
ma'
tu has vist cara las bombas
damunt de las torras.
Mès
talt sem dabasciaz
nels carrarols tancaz
de las parez
calguras
i havem salcat lus racols
tra la boviras
dasfetas.
Ara no mès
Ara io vul pultà
an campagna
las criaturas
pe' sa umprì de velt
I vul vera beglias
mignonas
culgaras en la rena
a custat de una mar
trasparenta
Vul fabricà fultins de amor
i muraglias
de pau
vul anà a mig de las astreglias
RICORDI DEL BOMBARDAMENTO
Dopo il bombardamento dell'aeroporto molti algheresi pensarono di sfollare dalla città nelle campagne e nei paesi circostanti.
I figli e le figlie di Antonio Ceravola sfollarono, ma i genitori rimasero in città perché non potevano abbandonare il lavoro.
La famiglia di Luigi Ceravola (figlio di Antonio) si trasferì a Mara. Ma siccome il luogo pareva poco adatto vi fu uno spostamento verso Villanova Monteleone dove alloggiavano altri parenti.
Maria Vittoria Ceravola (figlia di Luigi) allora aveva sette anni. Ricorda che la notte del bombardamento fu svegliata e fatta alzare dal letto in tutta fretta. C'era una grande animazione perché si erano sentiti gli scoppi delle bombe su Alghero. Di corsa tutti andarono alla periferia del paese in un punto dal quale si vedeva Alghero. Assistettero così al bombardamento, e videro la città che bruciava e illuminava il cielo sopra di sé. Il pensiero correva a chi era rimasto in città.
Poi seppero che la casa del nonno Antonio era stata danneggiata dalle bombe. I nonni erano corsi a ripararsi in un rifugio e in seguito dovettero andare ad abitare a casa del figlio Luigi che era momentaneamente vuota.
Maria Vittoria ricorda che l'indomani arrivò a Villanova un gran numero di algheresi, chi col carretto, chi con l'asino, chi a piedi. Erano terrorizzati e cercavano scampo all'orrore vissuto la notte precedente.
Due barche del nonno Antonio furono mitragliate e fatte affondare nel porto di Alghero in altre incursioni aeree.
Voglio qui riportare la testimonianza di mia madre che in quel giorno si trovava ad Alghero
Nel maggio 1943 gli Algheresi erano stati avvertiti della probabile imminente incursione aerea dei bombardieri. Molti erano già sfollati nel periodo precedente e altri pensarono bene di lasciare la città il mattino del 17 maggio temendo il peggio.
Mia madre proveniva da Sassari ed era sposata da pochi mesi. I miei genitori vivevano in una camera ammobiliata in Piazza Civica in un palazzo affiancato al Palazzo de Arcayne dato che i mobili per la nuova casa commissionati ad un falegname non erano ancora pronti. Mio padre aveva una rivendita di bibite e vino proprio di fronte all'abitazione. La famiglia che aveva dato in affitto la camera era andata via al mattino per raggiungere una campagna e aveva pregato mia madre, che era in cinta di cinque mesi, di seguirla. Ma mio padre non intendeva lasciare la città pensando che quella del bombardamento fosse una notizia infondata e così anche mia madre rimase ad Alghero.
Quando arrivarono gli aerei mia madre era sola in casa. A quanto raccontava fu un'interminabile notte di terrore poiché si aspettava una bomba in ogni istante della durata del bombardamento. La bomba più vicina cadde nella Cattedrale, a poche centinaia di metri dalla sua abitazione.
L'evento si impresse nella sua memoria e non la abbandonò mai. Finita la guerra, la città tornò a vivere. Ma quando mia madre sentiva i fuochi artificiali della festa di Sant'Agostino, rione nel quale si era poi trasferita, chiudeva porte e finestre e si ritirava in camera. Mentre per noi ragazze era una festa, per lei ritornava il terrore vissuto da sola in quella camera ammobiliata di Piazza Civica.
Mio padre invece non parlò mai dell'avvenimento.
Il palazzo di Piazza Civica dove abitavano i miei genitori. La piazza non fu colpita dalle bombe.
Michelino Chessa nei "Racconti Algheresi" vol. 2° a pag 72 di fa conoscere un altro aspetto dello sfollamento. Egli dice:
"Durante l'ultima guerra gli algheresi sfollarono nelle campagne per sfuggire ai bombardamenti, molti furono colpiti dalle febbri malariche e furono assistiti con sacrificio dal dott. Ballero, dal dott. Costantino e dal dott. Silanos."
Aggiungo qui un dato biografico che mi riguarda. La famiglia di mia madre aveva un mulino ad acqua sulla strada Sassari - Porto Torres in una zona non distante dall'abitazione e laboratorio della famiglia dello scultore Usai, padre di Arturo Usai. Tra le due famiglie si erano stabiliti dei rapporti amichevoli e quando mio nonno è morto Ettore Usai (figlio dello scultore) ne ha fatto il ritratto da una foto.. Il ritratto è firmato e porta la data 2 /9/1923.
Il ritratto di mio nonno Francesco Gaspa, con la firma di Ettore Usai.
Noi eravamo convinti che si trattasse di una foto ma guardando bene si vede che è un disegno. Data e firma sono in basso a destra.
(G.T.)
Per la cupola di San Michele di Alghero contatta:
http://it-it.facebook.com/pages/DDD-Digital-Dimension-Design/157348294326103
www.enricoceravola.com
Ettore Usai era fratello maggiore di Arturo. Si stabilì in Brasile nel 1927 dove morì nel 1889. Suo figlio, nipote di Arturo, era Remo Usai (1928-2022), importante maestro, compositore e pianista italo-brasiliano, è morto pochi giorni fa.
RispondiEliminaEttore (1899-1989) ed Arturo (1917-2012) erano figli di Francesco Usai Demontis, marmista e scultore sassarese e di Maria Ferralis Esposito, algherese. Tempo fa avevo ricostruito la famiglia Usai Ferralis nell'ambito di una ricerca sulla famiglia Ceravola Ferralis di Alghero. Non conoscevo Remo Usai e mi fa piacere sapere di un altro Usai che si è distinto in campo artistico. Anche Arturo si dilettava a suonare il violino fino a tarda età. Ricordo inoltre la sorella Anna Usai Ferralis (1922 -dopo il 2000), brava e stimata pittrice, il fratello Carlo Usai Ferralis e sua figlia Carmen, appassionati di gare motociclistiche ed automobilistiche. Possiamo dire che era una famiglia ricca di talenti. Ringrazio per la gradita informazione.
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